LE MUCCHE -PROTAGONISTE DEL NOSTRO LAVORO ragione per la quale,le antiche masserie vanno preservate e promosse sempre di più.
La Puglia, luogo dove l’allevamento delle mucche è molto praticato sin dai tempi della Magna Grecia, specie delle le mucche podoliche, che approfittano della stagione calda con una temperatura mite, e dei pascoli ricchi di erbe profumate e ottime dal punto di vista nutritivo, cerca nei giorni di oggi di promuovere al meglio l’ allevamento a terra e non quello intensivo, dove l’animale può vivere in contatto con natura più al lungo possibile. ragione le antiche masserie vanno preservate e promosse sempre di più.
Le finalità dell’allevamento di bovini sono variegate: – economiche, allo scopo di esaltare il rendimento produttivo del capitale, – agrarie, al fine di utilizzare come pascolo foraggi freschi che le differenze stagionali della vegetazione spontanea offrivano al monte ed al piano, – biologiche, nella immancabile selezione che la vita transumante operava eliminando i soggetti più deboli, – zootecniche, nel senso del miglioramento della razza per mezzo degli incroci e nello sviluppo più armonioso delle forme per la quotidiana ginnastica funzionale.
L’allevamento di bovini avviene attraverso larghe vie erbose di terreno saldo (tratturi principali), nelle quali spesso si sboccano altre più ristrette secondarie (bracci o tratturelli).
Queste vie che una volta erano riempite dal vociare dei conduttori e dai loro canti, ora gai ora accorati, che si confondevano col monotono muggire delle mucche, spinte sul cammino prefissato e quasi interminabile, con a guardia grossi cani latranti solo in caso di pericolo, oggi è quasi un bel ricordo che resta presente solo grazie al suono delle campane che per tramandare di una tradizione si vedono ancora. Per la notte si fermano in zone stabilite dove possono riposare e trovare acqua a sufficienza per dissetarsi.
Le mucche podoliche, che hanno impreziosito da sempre il paesaggio agricolo pugliese, sono quelle provenienti dalla Podolia, regione dell’Ucraina che confina con la Polonia, pare importate nel 452d.C.dagli Unni e forse dagli stessi Romani. Sono mucche di colore grigio più o meno intenso con striature scure, che hanno la caratteristica di percorrere fino a 60Km al giorno e sono molto parche nell’alimentazione. I maschi presentano corna a mezza luna, mentre le femmine a forma di lira. Vengono allevate come produttrici di carne ed anche di latte (fino a10/ 15 litri al giorno), che viene utilizzato per produrre magnifici latticini(caciocavallo)conosciuti in tutto il mondo. Nelle aziende agricole in Basilicata fino agli anni 50 erano utilizzate come animali da tiro, ma con l’avvento delle macchine il loro utilizzo ha subito un brusco declino.
Caratteristica della razza sono il forte adattamento ad ambienti difficili e la capacità di sfruttare attraverso l’allevamento allo stato brado quelle risorse alimentari, che, altrimenti, a causa della loro collocazione in terreni difficili di aree interne, non potrebbero trovare altra utilizzazione.
Questo è il motivo per cui sono soggette a transumanza, specie nei periodi invernali, quando il loro habitat naturale è coperto di neve. Per la transumanza si pone in testa alla mandria una mucca adulta, che non ha partorito, con una campana di oltre 5Kg al collo e che con i suoi anni di transumanza conosce già la strada. Al suono di questa grande campana tutta la mandria segue la mucca capomandria e può, percorrere fino a 60 km. attraverso paesi, foreste, strade impervie e fiumi in piena. Anche oggi nelle antiche masserie si possono trovare delle campane di varie dimensioni che erano utilizzate dalle mandrie quando per ragione di pascolo erano portate in transumanza.
Le femmine vengono generalmente fecondate a 15 mesi se di razze da latte, qualche mese dopo se da carne; dopo nove mesi di gravidanza, nasce il primo vitello e inizia la prima lattazione (produzione di latte) che dura circa 10 mesi.
A tre mesi dal parto circa vengono fecondate, dopo altri sette sono messe “in asciutta” (assenza di lattazione) per ricostruire riserve corporee; dopo altri due mesi avviene il parto successivo.
Si punta ad avere un vitello l’anno, una lattazione di 305 giorni con una fase di “asciutta” di 60 giorni circa.
La mungitura, un tempo manuale, ormai in Italia è quasi ovunque eseguita con mungitrici meccaniche e a seconda del tipo di stabulazione può essere alla posta, cioè senza far muovere gli animali; oppure nella sala mungitura, di cui esistono diverse tipologie: a giostra, a spina di pesce o a tandem, ora irrinunciabili negli allevamenti con più di poche decine di capi.
Cominciano ad avere una certa diffusione i robot di mungitura; le bovine in lattazione vi accedono spontaneamente più volte durante la giornata, attirate anche dalla distribuzione individualizzata via sensori/computer di piccole quantità di concentrati, e vengono munte automaticamente.
Il quantitativo di latte prodotto giornalmente da ogni singola vacca varia a seconda dello stadio e della lattazione raggiunta: una primipara produrrà una quantità inferiore di latte rispetto a una con maggior numero di parti e lattazioni.
Questo incremento di produzione si avrà fino alla sua sesta o settima lattazione, momento alla fine del quale la vacca verrà scartata per l’età che avrà ormai raggiunto.
Inoltre, nella singola lattazione, il picco viene raggiunto dopo una trentina di giorni e mantenuto per qualche mese dopo di che la produzione lentamente si riduce; se non avvenisse un nuovo ciclo di fecondazione gravidanza parto si ridurrebbe a quantitativi giornalieri antieconomici.
Grande importanza ha la scelta del seme per la fecondazione artificiale, essendo sporadica la fecondazione naturale (la “monta taurina“): quello di tori particolarmente validi (miglioratori) può costare molte centinaia di euro.
Sempre ai fini del miglioramento genetico, una certa diffusione stanno avendo anche le tecniche di trapianto di embrioni e di fecondazione in vitro degli ovociti, tutti ottenuti da bovine di particolare valore genetico.
La produzione di latte, media, di una vacca di razza da carne arriva a una decina di litri al giorno; alcune campionesse di razze da latte arrivano anche a 60 / 70 litri al giorno superando i 200 quintali nell’anno.
Nelle comuni stalle italiane si parte dai 50 / 60 quintali anno per bovina, per arrivare ai 100 in quelle specializzate e superare i 120 in stalle con una genetica particolarmente selezionata.
Di grande importanza è la qualità del latte, intesa sia sul piano batteriologico (assenza o quanto meno presenza di batteri sotto determinati limiti), sanitario (ridotta presenza di cellule somatiche, indice di infiammazioni mastitiche) e nutrizionale (elevato contenuto in proteine e grassi): lo sviluppo delle tecniche di allevamento e il miglioramento per selezione genetica hanno portato significativi progressi su tutti questi parametri.
Appena ha partorito la vacca non produce latte, bensì colostro, un liquido con caratteristiche simili al latte ma non adatto all’alimentazione umana.
Nelle prime 24 / 36 ore dalla nascita, il vitello, che nasce sostanzialmente privo degli anticorpi che proteggono dalle principali malattie, deve assumere tassativamente 4-5 litri di colostro, che apportano detti anticorpi.
Dopo una settimana circa, il latte diventa idoneo all’uso umano (sia per il consumo diretto che per l’uso caseario).
Una volta che si finisce di nutrire con il colostro, il vitello sarà alimentato con latte artificiale, per essere successivamente svezzato.